Filosofia della mente,  Frontiere della scienza,  Meccanica quantistica

Menti quantistiche, informazione e coscienza: il ponte immaginifico tra la fisica e la mente

L’idea che la meccanica quantistica possa gettare una nuova luce sulla coscienza, fornendo strumenti per comprendere l’intricato rapporto tra il cervello e il mondo fisico, rappresenta una delle frontiere più audaci del pensiero scientifico contemporaneo. Al convegno “Uncovering the Magic of Consciousness”, svoltosi a Siena nel giugno 2024, Päavo Pylkkänen, filosofo della mente e della fisica, ha esplorato questa prospettiva proponendo l’idea di una coscienza quantistica, il cui fondamento sarebbe proprio l’informazione a livello subatomico.

L’intervento di Pylkkänen si è sviluppato attorno alla nozione di “informazione attiva”, un concetto preso a prestito dall’interpretazione ontologica della meccanica quantistica di David Bohm, secondo cui il potenziale quantistico agirebbe come una sorta di onda pilota in grado di influenzare il comportamento delle particelle. Secondo questa visione, il cervello umano potrebbe funzionare come un apparato di misura quantistico, capace di “dialogare” con il dominio quantistico in modi che influenzano la coscienza stessa. Tuttavia, è bene sottolineare come queste ipotesi siano, allo stato attuale, altamente speculative e prive di conferme empiriche.

L’idea di applicare concetti della fisica quantistica alla coscienza non è nuova, ma continua a suscitare interesse e controversie. Molti ricercatori sono affascinati dalla possibilità che i fenomeni quantistici possano spiegare aspetti della mente che la fisica classica non è in grado di affrontare. La proposta di Pylkkänen si inserisce in questo filone di ricerca, cercando di stabilire un legame tra la complessità del cervello e le proprietà fondamentali della meccanica quantistica. Secondo Pylkkänen, l’informazione quantistica potrebbe fornire un substrato adeguato per spiegare i processi mentali più profondi e sfuggenti, come la consapevolezza e l’intenzionalità.

L’informazione come ponte tra mente e materia

Alla base del discorso di Pylkkänen c’è l’idea che l’informazione non sia semplicemente un’entità descrittiva ma abbia un valore fisico fondamentale. Questo concetto è stato oggetto di dibattito nella fisica contemporanea, coinvolgendo figure di primo piano come John Wheeler e Carlo Rovelli. Mentre Wheeler riteneva che l’informazione potesse costituire il mattone essenziale della realtà fisica (“it from bit”), Rovelli ha esplorato la relazione tra informazione e meccanica quantistica nella sua interpretazione relazionale, sottolineando come l’informazione sia una componente essenziale della struttura stessa dell’universo.

Nel suo intervento, Pylkkänen ha distinto tra l’informazione classica, descritta dalla teoria di Shannon, e quella quantistica, molto più sottile e intrigante. Secondo lui, il potenziale quantistico non solo guida le particelle subatomiche ma potrebbe anche essere cruciale per comprendere i fenomeni della coscienza e, in particolare, i qualia — le qualità soggettive delle esperienze coscienti, come il rossore di un tramonto o il gusto di una mela.

I qualia sono stati oggetto di ampie discussioni in filosofia della mente e neuroscienze. Sono considerati uno degli aspetti più enigmatici della coscienza, poiché sembrano sfuggire a qualsiasi riduzione fisicalista. Secondo Pylkkänen, l’informazione quantistica potrebbe essere un elemento chiave per spiegare come i qualia emergano dall’attività cerebrale. Se il potenziale quantistico agisce come una sorta di guida per le particelle subatomiche, potrebbe allo stesso modo influenzare la nostra percezione del mondo, generando l’esperienza soggettiva in un modo che la fisica classica non riesce a spiegare.

Problemi di scala e critiche

Un aspetto critico dell’ipotesi di Pylkkänen riguarda la scala dei fenomeni in questione. La fisica quantistica agisce su scale estremamente ridotte, mentre il cervello umano è un sistema macroscopico e complesso. I neuroni, i principali costituenti del cervello, hanno dimensioni dell’ordine di decine di micrometri, ben al di sopra delle scale in cui gli effetti quantistici sono significativi. Sebbene esistano strutture più piccole, come i microtubuli, che potrebbero trovarsi al limite della scala quantistica, non ci sono prove concrete che suggeriscano il coinvolgimento di fenomeni quantistici nei processi cerebrali.

I microtubuli, componenti strutturali delle cellule, sono stati proposti come potenziali mediatori dei processi quantistici nella teoria della coscienza quantistica di Roger Penrose e Stuart Hameroff. Secondo questa teoria, i microtubuli potrebbero agire come sistemi quantistici in grado di sostenere stati di sovrapposizione, che contribuirebbero ai processi di elaborazione dell’informazione nel cervello. Tuttavia, questa teoria è stata ampiamente criticata per la mancanza di evidenze sperimentali e per la difficoltà di mantenere la coerenza quantistica in un ambiente biologico caldo e umido come quello del cervello.

Questo problema di scala è stato sottolineato anche da vari critici, come Ron Chrisley, che ha espresso dubbi riguardo alla capacità dell’informazione attiva di spiegare fenomeni complessi come l’intenzionalità — la proprietà della mente di riferirsi ad oggetti o stati di cose. Secondo Chrisley, per poter spiegare l’intenzionalità, è necessario un livello di complessità che difficilmente può essere raggiunto attraverso semplici dinamiche quantistiche. L’intenzionalità implica una capacità di rappresentazione e di errore, concetti che sembrano difficili da riconciliare con l’informazione quantistica così come è attualmente concepita.

Interpretazioni della meccanica quantistica e scenari speculativi

Il dibattito sulle interpretazioni della meccanica quantistica è ampio e complesso, e l’interpretazione di Bohm — alla quale Pylkkänen si ispira — è solo una delle molte proposte. Sebbene questa interpretazione presenti aspetti affascinanti, come la reintroduzione del determinismo nella fisica quantistica, è generalmente poco popolare tra i fisici, in parte a causa della sua complessità matematica e della necessità di introdurre concetti come la non località.

L’interpretazione di Bohm suggerisce che le particelle siano guidate da un potenziale quantistico, un’entità non locale che informa il loro movimento. Questa visione deterministica contrasta con l’interpretazione di Copenhagen, che sostiene che la meccanica quantistica descrive solo probabilità e non offre una descrizione deterministica della realtà. La non località implicita nell’interpretazione di Bohm rappresenta una sfida al nostro modo classico di concepire la causalità e il tempo, portando a implicazioni profonde non solo per la fisica, ma anche per la filosofia della mente.

Un sondaggio condotto nel 2011 tra i fisici teorici partecipanti a un convegno sulle fondamenta della meccanica quantistica ha mostrato che l’interpretazione di Bohm gode di scarso seguito nella comunità scientifica, a fronte della più diffusa interpretazione di Copenhagen e dell’interpretazione a molti mondi di Everett. Nonostante ciò, l’idea di Pylkkänen — che il cervello possa operare in modo simile a un apparato di misura quantistico — è stata presentata come un tentativo di spingere la riflessione sulla coscienza oltre i confini delle teorie attuali.

L’interpretazione a molti mondi, proposta da Hugh Everett, offre una visione alternativa in cui ogni possibile esito di un evento quantistico si realizza in un universo parallelo. Questa teoria, pur essendo affascinante dal punto di vista filosofico, solleva numerose questioni riguardo alla natura della realtà e alla possibilità di verificare empiricamente l’esistenza di questi universi multipli. Pylkkänen, tuttavia, sembra preferire una visione più conservativa, legata all’idea che l’informazione quantistica possa avere un ruolo concreto nei processi mentali.

Coscienza e informazione integrata

Un’altra connessione interessante proposta da Pylkkänen riguarda la possibile relazione tra l’informazione attiva e la teoria dell’informazione integrata di Giulio Tononi, secondo cui la coscienza è definita dalla capacità di un sistema di integrare informazioni. La teoria dell’informazione integrata (IIT) cerca di fornire una spiegazione quantitativa della coscienza, proponendo una metrica, chiamata Φ (Phi), che misura il grado di integrazione dell’informazione in un sistema. Più alto è il valore di Φ, maggiore è il livello di coscienza.

Sebbene Pylkkänen suggerisca che potrebbero esistere similitudini tra l’informazione attiva di Bohm e l’IIT di Tononi, va notato che la teoria di Tononi, almeno fino ad oggi, rimane ancorata a un contesto classico e non prevede esplicitamente l’integrazione dell’informazione quantistica. Tuttavia, la possibilità che l’informazione quantistica possa contribuire all’integrazione delle informazioni nel cervello apre nuovi scenari di ricerca. Se fosse possibile dimostrare che l’informazione quantistica gioca un ruolo nell’integrazione dei dati a livello cerebrale, questo potrebbe fornire un ponte tra la fisica quantistica e le neuroscienze, avvicinando le due discipline in modi finora inaspettati.

Conclusioni: tra immaginazione e rigore

In conclusione, l’idea che il cervello possa operare come un apparato di misura quantistico è certamente affascinante, ma rimane altamente speculativa. Le sfide legate alla mancanza di prove empiriche, alle scale di grandezza coinvolte e alla complessità biologica del cervello sollevano importanti domande sulla validità di questa proposta. Fino a quando non saranno disponibili dati concreti che supportino queste idee, l’interpretazione quantistica della coscienza deve essere trattata con molta cautela.

È importante ricordare che la meccanica quantistica, con la sua natura profondamente controintuitiva, ha già rivoluzionato il nostro modo di vedere il mondo fisico. Tuttavia, l’estensione dei suoi principi al dominio della coscienza richiede un livello di evidenza empirica che al momento manca. La speculazione scientifica — soprattutto quella ben fondata e orientata verso nuove possibili verifiche sperimentali — è spesso il motore dell’innovazione. Se da una parte è fondamentale proteggere il rigore del corpus delle conoscenze scientifiche consolidate, dall’altra è importante lasciare spazio a idee che, pur sfidando le nostre convinzioni attuali, potrebbero in futuro aprire nuove prospettive sulla natura della mente e della realtà.

La riflessione di Pylkkänen rappresenta un tentativo audace di esplorare queste frontiere, portando avanti una discussione che coinvolge non solo fisici e filosofi, ma anche neuroscienziati e studiosi della mente. Il legame tra informazione quantistica e coscienza potrebbe rivelarsi una chiave per comprendere fenomeni che sfuggono alle attuali teorie neuroscientifiche, ma la strada da percorrere è ancora lunga e irta di ostacoli. La vera sfida sarà quella di tradurre queste idee speculative in modelli verificabili, che possano essere sottoposti al vaglio sperimentale.

Fino ad allora, l’ipotesi di una coscienza quantistica rimane un’affascinante suggestione, un richiamo a non smettere mai di indagare i misteri della mente con l’audacia e l’immaginazione che hanno sempre caratterizzato le grandi scoperte scientifiche. In un’epoca in cui la scienza sembra sempre più orientata verso l’analisi dei dati e la verifica empirica, è forse più importante che mai ricordare il valore della speculazione teorica. Senza il coraggio di esplorare l’ignoto, molte delle conquiste che oggi diamo per scontate non sarebbero mai state raggiunte.

Se è vero che guardare lontano implica il rischio di inciampare sulle piccole asperità del terreno, è altrettanto vero che solo chi osa alzare lo sguardo oltre l’orizzonte può scoprire nuovi mondi. La meccanica quantistica, con tutte le sue stranezze e paradossi, potrebbe ancora sorprenderci, rivelando legami inaspettati tra la struttura fondamentale della realtà e la nostra esperienza soggettiva. Questo, in definitiva, è il messaggio che emerge dalle riflessioni di Pylkkänen: l’invito a non chiudere la porta a ciò che ancora non comprendiamo pienamente, ma a considerare ogni possibilità, anche la più controintuitiva, come una potenziale via verso una comprensione più profonda della nostra esistenza.

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