IVA al 40%: la più iniqua delle tasse e perché ci vuole una nuova aliquota
In tempi di false pandemie, vediamo il lato positivo: sono simulazioni utili per quando arriverà quella vera.
Però sarà bene tornare ai nemici veri, tipo politici incompetenti e disonesti e un sistema fiscale che colpisce gli onesti perché i disonesti si sanno difendere.
Per esempio l’IVA, non lo si può negare è un’invenzione brillante. Lo inventarono i burocrati della CEE o i francesi, a seconda di quanto sia antieuropea la fonte, e sembrò subito un’ottima idea. Qui da noi sostituì una tassa, che probabilmente, va detto, era ancora più odiosa: l’IGE; non saprei: scomparve che non ero ancora nato. Ma l’IVA rimane comunque una trovata indiscutibilmente malvagia: non importa se sei povero, se sei ricco, se sei bello o se sei brutto, ella è uguale per tutti. E come tutte le forme di livellamento grossolano, funziona perché è semplice, è iniqua perché riguarda chi è debole al pari di chi è forte e tassa l’aumento di valore di un bene (il valore aggiunto, appunto), perché qualche fesso si è messo a produrlo, trasportarlo, distribuirlo o venderlo con il proprio lavoro. Ricorda da vicino quello che voleva fare tutti alti uguali tagliando le parti in eccesso di sopra e di sotto, non vi pare? Inique lo sono ovviamente tutte, le imposte indirette, certo. Ma l’IVA primeggia e in ogni caso piace molto a un fisco dal carattere persecutorio come quello italiano perché è un po’ come pescare con la dinamite. Basta ripassare e si raccatta il tutto. Quello che rende però davvero immorale l’IVA è il modo in cui sono ripartite le aliquote, che a volte sembra quasi fatto a caso. Oggi l’aliquota “ordinaria” è al 22%, il che vuol dire che con alcune eccezioni riguardanti “beni primari” (al 4% e al 10%) tutto è tassato per quasi un quarto del suo valore totale. Un quarto. Al di là delle sciocchezze sul “valore aggiunto” un quarto del valore di ogni oggetto, in ogni fase della sua vita, ad ogni passaggio di mano matura una tassazione pari a un quarto del valore del bene. Certo, per le aziende si tratta di una partita di giro, ma incide nondimeno sui flussi di cassa, in positivo e in negativo. Questa è la sostanziale differenza con altre tasse. Le aziende riescono a compensarlo e, quando vanno male (o sono aziende agricole), a recuperare o compensare un credito dopo molti mesi. Intanto però l’IVA è uscito dalle casse. Tutto questo sistema è farragginoso e mi pare che non abbia senso, aumentando le spese di gestione, di riscossione e le possibilità di evasione nelle transazioni da azienda ad azienda (b2b).
Ebbene? Il mio primo punto è che le aziende non dovrebbero anticipare l’IVA, mantenendo così la propria liquidità senza doverla prestare al cliente azienda senza che quello gli riconosca manco un po’ di interesse. La cosa potrebbe essere realizzabile e in parte è già stata realizzata con il reverse charge di cui beneficciano certi lavori edilizi, tra le altre cose. È poi il fornitore a dover fare i conti dell’IVA con lo stato, dimezzando la complessità di ogni transazione (dato che il committente non ha maturato in questo modo alcun credito IVA). Mi pare che la cosa farebbe piacere a tutti e non danneggerebbe nessuno ma chi è più esperto mi smentisca pure nei commenti. Almeno che se ne parli!
Seconda e ancor più semplice considerazione: CERTI BENI DOVREBBERO ESSERE TASSATI DI PIÙ, al consumo. Magari con un’aliquota IVA al 40%. Quali beni? È presto detto: – Elettronica – Sigarette e tabacchi – Gioielleria
E insieme, quando saranno finalmente legalizzate e tassate, ci metterei anche droghe e prostituzione. Altre cose da tassare al 40%? Scrivetelo nei commenti.
Queste merci, oggi tassate al 22%, tanto quanto il barbiere e le pentole (per dire), hanno tutte degli aspetti che le dovrebbero catalogare in una categoria non tanto di super lusso ma di super futilità e dunque di maggior tassazione. Intendiamoci io con l’elettronica ci sguazzo, ma ciò non toglie che se compri un telefono da 2.000 euro non lo stai facendo perché ti serve, e quindi puoi sborsare un po’ di più per compensare magari l’abbassamento dell’iva, per dire, sui giocattoli. Un’altra considerazione, non secondaria, è che tendenzialmente sono beni non prodotti in Italia. Ma questo non ditelo a nessuno, perché sennò il WTO ci bacchetta!
Voi che cosa ne pensate?